Il TAR Puglia, sezione distaccata di Lecce, dispone che il decreto di irricevibilità dell'istanza di rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato emesso dal Questore di Brindisi, andava necessariamente preceduto dal preavviso ex art. 10 bis L 241/09
La ricorrente presentava, subito dopo il suo ingresso in Italia, istanza per l’ottenimento del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, attraverso la spedizione dell’apposito kit postale alla Questura di Brindisi.
Nel corso delle convocazioni presso la Questura di Brindisi (l’ultima delle quali il 24 agosto 2020), non le veniva rappresentato alcun ostacolo alla definizione della pratica.
In data 18 settembre 2020, inopinatamente la Questura di Brindisi le notificava il
decreto di irricevibilità, omettendo di dare comunicazione del preavviso di rigetto ex art 10 bis L 241/09.
Avverso tale provvedimento, la ricorrente proponeva ricorso, deducendo “1) Violazione dell’art. 7 l. 241/90. Omessa comunicazione di apertura del procedimento amministrativo. 2) Omessa comunicazione del preavviso di rigetto ai sensi dell'art. 10 bis l. 241/90. Manifesto vizio di violazione di legge ed eccesso di potere.
In particolare, si lamentava in primis l’illegittimità del procedimento e, quindi, del provvedimento conclusivo dello stesso per violazione dell'art. 7 della legge n. 241/90, in ragione della omessa comunicazione dell'avviso del procedimento.
Si duoleva, inoltre, della omessa comunicazione del preavviso di rigetto, che non la metteva nelle condizioni di fare ricorso alla 'sanatoria' prevista dall'art. 103, 1° comma, D.L. n. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio).
Il ricorso è stato considerato fondato, sotto il profilo – ritenuto assorbente di ogni altro motivo di ricorso (Ad. Plen. n. 5/2015) – della mancata notifica alla ricorrente del preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge n. 241/1990.
Come noto, l'art. 10 bis cit. è stato introdotto dalla legge n. 15/2005, al fine di consentire il contraddittorio tra privato ed Amministrazione prima dell'adozione di un provvedimento negativo e allo scopo, quindi, di far interloquire il privato sulle ragioni ritenute ostative all'accoglimento dell'istanza.
La norma si applica a tutti i procedimenti ad iniziativa di parte, ad eccezione di quelli espressamente esclusi (procedure concorsuali e procedimenti in materia previdenziale e assistenziale, sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali).
Il procedimento per il rinnovo del permesso di soggiorno è un procedimento ad istanza di parte, cui si applica, quindi, la suddetta disposizione (Cons. Stato, Sez. VI, 2/2/2009, n. 552).
Ciò premesso, osserva il Collegio che l’assenza di una preventiva comunicazione del preavviso di diniego rende il provvedimento in esame illegittimo, per l’omissione delle garanzie procedimentali necessarie a dimostrare la ricorrenza di elementi fattuali o normativi, anche sopravvenuti, idonei a consentire la concessione del permesso di soggiorno in questione.
Nella parte motiva del provvedimento impugnato, il Questore argomenta espressamente nel senso della superfluità del preavviso di rigetto, perché "...per la natura vincolata del provvedimento, è palese che il suo contenuto dispositivo non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato ex art. 21-octies, 2° comma, della Legge 241/90”.
La causa ostativa dirimente, posta a base della determinazione di irricevibilità, è individuata nella mancata previa richiesta di nulla osta all’ingresso nel territorio nazionale da parte dello Sportello Unico Immigrazione della Prefettura, che rilascia tale nulla osta dopo aver verificato la disponibilità di una quota prevista dal "Decreto flussi", ex art. 3, 4° co., D. Lgs. n. 286/98.
Orbene, la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90, pur costituendo vizio di legittimità del provvedimento, non comporta automaticamente l’annullamento dell’atto, se – facendo applicazione della disposizione recata dall’art. 21 octies, comma 2, della stessa legge – il giudice accerti che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso (ex multis, Cons. Stato Sez. VI n. 2763/2006; n. 4307/2006). Infatti, in virtù del costante orientamento della giurisprudenza, in presenza di atti vincolati, la violazione dell’art. 10 bis della L.241/90 non è tale da comportare l’annullamento dell’atto, dovendo farsi applicazione della disposizione recata dall’art. 21 octies della stessa legge (cfr. tra le tante T.A.R. Lazio, Sez. I, 9/9/2009, n. 8425; Cons. Stato, Sez. V. 28/7/2008, n. 3707; Cons. Stato, Sez. VI, 8/2/2008. n. 415).
Occorre dunque verificare se effettivamente - come ritenuto dall’Amministrazione resistente - l’omessa comunicazione del preavviso di diniego sia tale da comportare l’illegittimità dell’atto, tenuto anche conto che, in tema di rilascio del permesso di soggiorno, è lo stesso legislatore ad aver previsto la rilevanza delle sopravvenienze (art. 5, comma 5, del D. Lgs. n. 286/98).
Secondo quanto è dato desumere dalle carte processuali, il rapporto di lavoro, sulla cui base la ricorrente ha formulato l’istanza per il rilascio del permesso de quo, ha avuto inizio l’11 febbraio 2020 ed era ancora in corso alla data del 15 agosto 2020 (termine entro il quale era possibile formulare l’istanza di sanatoria).
Tale rapporto lavorativo – instaurato in difetto del preventivo nulla osta del competente Ufficio immigrazione, a norma del c.d. Decreto Flussi – sembra qualificabile in termini di rapporto di lavoro irregolare.
Nella specie, quindi, è possibile inferire che, se il preavviso di diniego fosse stato notificato alla ricorrente, l’esito del procedimento in questione sarebbe stato differente, alla stregua della possibilità, riconosciuta dall’art. 103 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (recante "Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19"), di dichiarare e regolarizzare – ad opera del datore di lavoro – la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, quale appunto quello in esame, in corso alla data di entrata in vigore della predetta normativa.
La verifica in ordine alla necessarietà dell'interlocuzione endo-procedimentale assicurata dall'art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 e s.m.i. impone, quindi, all’Amministrazione - laddove la particolarità della fattispecie giuridica e fattuale lo richieda, come nella specie - di informare l'attività al più ampio rispetto del canone di leale collaborazione nei confronti del soggetto istante e di fare il massimo sforzo per anticipare già nel corso del procedimento il contraddittorio tipico della fase contenziosa (stragiudiziale e/o giudiziale), proprio al fine di prevenirla ed evitarla.
“In definitiva, in accoglimento delle doglianze contenute nel secondo motivo di impugnazione e assorbite le ulteriori censure dedotte, il ricorso va accolto e, per l'effetto, va annullato il provvedimento impugnato, impregiudicata, in ogni caso, ogni successiva verifica dell'Amministrazione in ordine all'effettiva ricorrenza dei presupposti di legge, invocati dall'interessato”.