La sezione del riesame e delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Lecce, decidendo su Ricorso di società sottoposta ad interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Brindisi, decretava l’ammissione all’Istituto in data 27.07.2022, con provvedimento depositato in data 01.09.2022.
Nel caso di specie, la vicenda verteva su una impresa il cui titolare aveva, quale “colpa” principale, il rapporto di parentela con soggetto ritenuto contiguo ad ambienti malavitosi, nonchè la circostanza di avere dei precedenti penali, sia pur molto risalenti.
Nell’esame della vicenda, il collegio opera una ricostruzione dell’istituto, introdotto con la novella legislativa nr 161/2017, precisando che esso si inserisce “in modo coerente nel novero di un sistema normativo ispirato a logiche di prevenzione dei condizionamenti di matrice mafiosa e, al contempo, di conservazione delle imprese nei circuiti dell’economia legale. Il tratto più innovativo dell’istituto consiste nel non determinare lo spossessamento gestorio ma nel favorire una forma di intervento meno invasiva che si risolve in una sorta di “vigilanza prescrittiva” sotto la guida di un commissario giudiziario nominato dal Tribunale al quale è affidato il compito di monitorare, all’interno dell’azienda, l’adempimento di una serie di prescrizioni imposte dall’A.G. Per un determinato periodo di tempo.”
Aggiunge inoltre il Collegio che “in tale ambito, il controllo giudiziario assolve ad una funzione di supporto all’impresa che sia affidata al giudizio del Tribunale affinchè venga accertata e valutata la sua capacità di emendamento e di bonifica da quelle situazioni, originate dal difetto o da inappropriate procedure interne, da oggettiva situazione ambientale, dalla sopravvenienza di eventi coinvolgenti gli amministratori e soci della società, che hanno determinato l’insorgenza di una contaminazione (o anche solo il pericolo di una contaminazione) dell’impresa con interessi riconducibili ad associazioni mafiose oppure a soggetti affiliati o contigui a contesti criminali”.
A tali considerazioni di carattere generale, si aggiunga che il ricorrente, già nei propri scritti difensivi, in relazione al rapporto di parentela, aveva rilevato come già il Consiglio di Stato, sez. III, il 04.01.2022 aveva stabilito che “quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, l’Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere per la logica del “più probabile che non”, che l’impresa abbia una conduzione collettiva ed una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il cobntatto con il proprio congiunto“
E, nel caso di specie, il Tribunale ha effettuato due valutazioni fondamentali:
- da un lato, ha ritenuto che il titolare dell’impresa attinta da interdittiva avesse pregiudizi penali nella maggior parte dei casi relativi a reati comuni e che non apparivano di rilevanza tale da giustificare un concreto ed elevato rischio di stabile contaminazione mafiosa, addirittura rilevando come alcune dichiarazioni rese dalla Prefettura non trovassero riscontro alcuno nelle decisioni riportate nei certificati giudiziari;
- dall’altra, ha correttamente valutato come, forme di interferenza o influenza, vadano rapportate sempre ad una serie di circostanze ed elementi indiziari che qualifichino, su un piano di attualità ed effettività, una immanente situazione di condizionamento e di contiguità con interessi malavitosi, ma il criterio del “più probabile che non” che ispira l’interdittiva antimafia non può estendersi fino al punto di ammettere che l’imprenditore, in caso di rapporti di parentela, anche molto prossimi, con un pregiudicato o indiziato di appartenenza mafiosa, debba per forza essere ritenuto a sua volta permeabile all’infiltrazione, laddove alla mera relazione familiare non si accompagnino, in concreto, anche elementi indicativi di stretti collegamenti.
Fatte tutte queste premesse, il Collegio ha ritenuto ammissibile l’istanza, ammettendo l’impresa attinta da interdittiva al controllo giudiziario ex art. 34Bis del D. L.vo 159/2011 per anni due.