La Corte di Cassazione – Sesta Sezione Civile – interviene ancora una volta sul tema della intervenuta prescrizione dei crediti esattoriali.
In particolare, nel caso di specie il contribuente, difeso dall’Avv. Nicola Lonoce del foro di Brindisi, ricorreva al Giudice del Lavoro contro una serie di posizioni, asseritamente non notificate o per le quali non era stata più interrotta la prescrizione da parte dell’Ente impositore, che risultavano da un estratto di ruolo che il contribuente aveva richiesto presso gli uffici di Equitalia SUD, ora Agenzia Entrate Riscossione, aventi ad oggetto pretesi crediti INPS.
Dopo la sentenza favorevole in primo grado presso il Tribunale di Brindisi, confermata dalla Corte d’Appello di Lecce, il contribuente era costretto a difendersi anche di fronte alla Suprema Corte, stante l’impugnazione della Sentenza della Corte d’Appello di Lecce innanzi alla Corte di Cassazione.
In particolare, con unico motivo di ricorso, Agenzia Entrate Riscossione, pur consapevole della pronuncia a Sezioni Unite nr. 23397/2016, assumeva, sotto diverso profilo, che con la trasmissione del ruolo all’Agente della riscossione si determinerebbe un effetto novativo dell’obbligazione posta in riscossione. Secondo tale assunto, le singole obbligazioni per contributi, sanzioni, accessori e spese – pur dovute a separate ragioni di credito – verrebbero inglobate in un unico credito, senza che sia possibile scorporarne le voci, con la conseguenza che la prescrizione non seguirebbe il regime originario dei crediti contributivi portati dal ruolo, rendendo così disapplicabile l’art. 2953 del codice civile a favore dell’applicazione dell’art. 2946 e del relativo regime prescrizionale.
A tale conclusione la ricorrente arriverebbe attraverso la lettura coordinata di una serie di norme, quali l’art. 20 del D. Lgs. 112/1999 nonché la lettura letterale degli artt. 76 e 77 del DPR 602/73 (che indica “il credito per cui si procede”).
In primo luogo non individua, nelle difese dell’Agente della riscossione, tratti di novità nella disciplina del credito iscritto a ruolo tali da far ritenere la estinzione del credito originario e la costituzione di un nuovo credito avente titolo nel ruolo. Il preteso effetto di novazione ex lege dovrebbe trovare riscontro in una diretta disposizione normativa o, comunque, in una disposizione inequivoca che, allo stato, è inesistente.
Scrive la Suprema Corte che “Invero – anche a voler ammettere, come sostiene parte ricorrente, la applicabilità della procedura di discarico alla riscossione dei crediti previdenziali e la sua rilevanza anche esterna ai rapporti tra ente impositore ed agente della riscossione – resterebbe preclusivo il rilievo (sez. unite 23397/2016) che la norma fa riferimento al termine di prescrizione decennale, con espressione ellittica, unicamente in quanto trattasi del termine che si applica ordinariamente per la riscossione delle imposte, senza alcun possibile riferimento all’art. 2953 cod. civ. ed, a maggior ragione, ad un effetto novativo derivante dalla iscrizione a ruolo dei crediti (fiscali e previdenziali).
Da ultimo, l’effetto di novazione della obbligazione previdenziale non può farsi discendere dai principi di efficienza ed economicità della azione amministrativa , perché tali principi si prestano, all’opposto, a sorreggere la ratio acceleratoria sottesa alla fissazione del termine breve di prescrizione oltre che alla generalizzazione per i crediti degli enti pubblici previdenziali del regime della riscossione mediante ruolo”.
La Corte di Cassazione, pertanto, con l’ordinanza 25239/2019, conferma, oltre alla possibilità di procedere ad impugnazione mediante il solo estratto di ruolo, il regime della prescrizione quinquennale per i crediti contributivi portati da ruolo.