Con ricorso introduttivo proposto ex art. 22 della Legge 689/1981 si contestava un verbale di accertamento e notificazione di illecito amministrativo della Guardia di Finanza. All’opponente veniva contestato l’illecito amministrativo di cui all’art. 53 comma 9 del D.Lvo 165/2001 per aver conferito ad un terzo, dipendente pubblico, incarico retribuito senza la previa autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza. La sanzione comminata era pari al doppio degli emolumenti presuntivamente corrisposti al dipendente pubblico negli anni 2012, 2013, 2014 e 2015.
L’opponente chiedeva l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione de qua, previa sospensione dell’efficacia; in via subordinata chiedeva la riduzione della sanzione irrogata. Si costituiva con comparsa di risposta l’Agenzia delle Entrate la quale deduceva a propria difesa che l’onere probatorio era stato assolto dalla Guardia di Finanza all’interno di un altro procedimento.
Il giudice accoglieva l’opposizione in quanto non vi erano prove sufficienti della responsabilità dell’opponente. La responsabilità di quest’ultimo, infatti, era stata così ritenuta in forza di un ragionamento puramente indiziario ed ipotetico. L’Amministrazione (e cioè l’Agenzia delle Entrate) non forniva prove sufficienti nonostante su queste debba, a norma del combinato disposto degli articoli 3 e 23, comma 12, della Legge n. 689/1981, fondarsi l’esercizio dello ius puniendi. Per questi motivi il Tribunale di Taranto - Seconda Sezione Civile in composizione monocratica – accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava l’atto impugnato, condannando, altresì, l’Agenzia delle Entrate a rifondere le spese e le competenze di lite.
Il Tribunale di Taranto – Seconda Sezione Civile in composizione monocratica – definitivamente pronunciando su un ricorso avverso un verbale di accertamento e notificazione di illecito amministrativo della Guardia di Finanza ha stabilito che l’onere della prova incombe sull’Amministrazione procedente. Quest’ultima, “attrice in senso sostanziale” in un giudizio di opposizione introdotto dal soggetto sanzionato, ha l’ulteriore onere di fornire una prova cosiddetta “sufficiente”. La vicenda processuale vedeva contrapposta all’opponente l’Agenzia delle Entrate.
La legge esclude che possano essere applicate sanzioni amministrative in forza di un processo “indiziario”. L’art. 23, comma 12, della Legge n. 689/1981 sotto la rubrica “giudizio di opposizione” dispone che “il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente”. Strettamente collegato al precetto di cui all’art. 23, comma 12, della Legge n. 689/1981 è l’art. 3 della stessa legge dal quale consegue che l’onere della prova incombente sull’Amministrazione include non solo l’azione materiale, commissiva od omissiva, ma anche l’elemento psicologico.
Gli elementi costitutivi dell’azione dell’illecito amministrativo sono: 1) l’azione materiale vietata dalla norma; 2) la coscienza e volontà della predetta azione materiale; 3) l’elemento psicologico costituito dal dolo o dalla colpa. I tre predetti elementi rientrano nel thema probandi che l’art. 23, comma 12, della Legge n. 689/1981 assegna all’Amministrazione titolare dello ius puniendi.
Nell’illecito amministrativo non sono astrattamente possibili casi di responsabilità oggettiva. Al contrario, l’azione materiale deve essere sempre sorretta dalla colpevolezza, sia nel substrato della coscienza e volontà, sia nell’elemento specifico del dolo e della colpa.
In questa cornice così delineata l’Amministrazione deve adempiere all’onere della prova su essa gravante.